Su Sky ecco il politicamente scorretto di Bordertown

Bordertown
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Mentre Donald Trump si avvia a sfidare con ben pochi Hillary Clinton per diventare il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti nel prossimo novembre, esordisce su Sky una serie animata all’insegna del politicamente scorretto e che verte su uno dei temi più scottanti d’America, sicuramente al centro dei prossimi dibattiti autunnali: l’immigrazione, e in particolare quella che arriva dal Messico agli Stati Uniti del Sud. Si tratta di Bordertown, che ha appena fatto il suo esordio su Fox Animation, al canale 127 della televisione satellitare (su SosTariffe.it si possono trovare tutte le offerte più interessanti per quanto riguarda i migliori pacchetti Sky).

A produrla quello che è ormai probabilmente la massima autorità in materia di “ciò che non si può dire”, nientemeno che Seth MacFarlane, già autore dei Griffin, American Dad, The Cleveland Show e dell’orsetto (stavolta “reale”) più scorretto del mondo, Ted. Ma il vero papà è Mark Hentemann, produttore esecutivo degli stessi Griffin e scrittore per il Late Show di David Letterman. La serie è ambientata nell’immaginaria Mexifornia, città texana vicina al confine, e i due personaggi principali sono destinati a fare scintille: da una parte Ernesto Gonzalez, immigrato e padre di famiglia, dall’altra Bud Buckwald, implacabile agente di frontiera. Il conflitto è dietro l’angolo quanto la figlia di Bud, Becky, decide – nella più classica tradizione da Romeo e Giulietta – di sposare proprio il nipote di Ernesto, J.C.

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Come sempre in MacFarlane (che non ha mai fatto mistero di essere un accanito supporter del candidato più socialista di queste primarie democratiche, Bernie Sanders) la critica alle situazioni di oggi non è mai eccessivamente sottile, e anzi le battute di grana grossa, ma non per questo stupide, abbondano: autoironia, ironia e una sana dose di cattiveria sono gli ingredienti della serie, senza fare sconti proprio a nessuno sul razzismo e i luoghi comuni che serpeggiano anche tra gli insospettabili, compresi gli stessi immigrati messicani che sono un po’ vittime un po’ complici dello status quo (e vengono presi in giro da MacFarlane ed Hentemann, come da tradizione, senza particolare riguardo). Basti pensare alla trovata del “deportation cannon”, cannone a stelle strisce che rimpatria gli immigrati sparandoli direttamente in Messico. Non solo: anche la stessa criticatissima idea di Trump di creare un vero e proprio muro sulla frontiera viene subito messa in atto nel secondo episodio della serie.

Hank Azaria (l’indimenticabile doppiatore di tanti personaggi dei Simpson, dal commissario Winchester a Boe e Apu), che presta la sua voce anche ad alcuni personaggi della serie, è categorico: «Viviamo in una società così tanto politically correct e alimentata dalle reazioni in tempo reale dei social media globali che resta poco spazio per parlare senza finire nei guai. Qualsiasi linguaggio, nudità o violenza, o qualsiasi cosa, vanno bene fino a quando non offendono nessuno o alcun gruppo di persone. Credo che le serie animate siano l’unico posto, per lo meno in America, dove la gente ritiene accettabile trattare argomenti come questi».

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