Fiction: "La fuga di Teresa": il commento della regista Margarethe Von Trotta

Fiction: "La fuga di Teresa": il commento della regista Margarethe Von Trotta

Ieri sera, martedì 10 Aprile, è andata in onda su RaiUnoLa fuga di Teresa“, terzo di quattro film della collana televisiva “Mai per amore“, volta a raccontare delle storie legate allo stalking e alla violenza sulle donne. Per leggere la trama o e rivedere il film grazie al video streaming Rai potete cliccare qui.

La fuga di Teresa” racconta la storia di Teresa (Nina Torresi), una ragazza di sedici anni, che non riesce a rassegnarsi al suicidio della madre Laura (Stefania Rocca), al contrario di Stefano (Alessio Boni), suo padre, che nel gesto della moglie vede solo un atto di depressione.

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Ma Teresa vuole scavare e fondo e così, insieme all’amico Miki (Alessandro Sperduti), scappa via di casa per poi scoprire una sconcertante verità…

Qui di seguito ecco il commento della regista del terzo film “La fuga di Teresa“, Margarethe Von Trotta.

“Quando mi è stato offerto di girare uno dei film della collana  “Mai per amore” ho accettato immediatamente perché il tema mi sta molto a cuore. L’ho sentito quasi come un dovere morale visto che se ne parla sempre troppo poco.

Ho scelto di raccontare una storia di violenza psicologica all’interno di una famiglia borghese, apparentemente tranquilla e serena, dove tutto fila liscio. Spesso leggiamo di donne molestate, picchiate, uccise dai loro stessi uomini,  ma si racconta pochissimo delle donne che giornalmente subiscono umiliazioni e atti di prevaricazioni dentro le mura domestiche, dove una donna dovrebbe sentirsi al sicuro.

Laura, la protagonista del mio film, è stata una donna felice, con un lavoro gratificante, appagata, ma che accanto al marito, un chirurgo di successo, perde, giorno dopo giorno, la sua dignità, la sua sicurezza, la voglia di vivere.  Il marito l’ha conosciuta e amata, ma appena scopre il suo desiderio di indipendenza ne vuole fare un’altra donna, vuole deformarla per amore.

Credo sia un problema abbastanza diffuso tra gli uomini, anche tra quelli colti, illuminati, che apparentemente combattono insieme alle loro compagne per l’emancipazione femminile, ma si sentono minacciati quando questa richiesta si manifesta nella loro casa e quindi li tocca personalmente. Sono combattuti tra la convinzione che sia giusto che la donna conquisti la sua autonomia e la paura di perdere il proprio dominio, il proprio potere.

Non credo, però, che la violenza sulle donne, intendo fisica e psicologica, sia in aumento rispetto ad alcuni anni fa. Semplicemente oggi se ne parla di più, i media hanno deciso di occuparsene e le donne, per fortuna, hanno capito che il proprio aggressore va denunciato.

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È la prima volta che lavoro per la tv in Italia, ma ho accettato con piacere perché credo che attraverso la televisione si possa raggiungere un pubblico molto più vasto di quello cinematografico.

Mi allettava molto anche l’idea di lavorare ad una serie con Liliana Cavani e Marco Pontecorvo, di cui ho conosciuto il padre che ammiravo molto.

Trovo, tra l’altro, che sia molto coraggioso decidere di mandare in onda sulla rete ammiraglia della Rai una serie che affronta una tematica così dolorosa.

E, di contro, è giusto che sia così anche per contrastare tutti quei programmi che pensano che l’emancipazione della donna passi soltanto attraverso un bel sedere. Ma quelle donne, si sa, non fanno paura, anzi… A far paura sono quelle che vogliono usare la testa per far carriera…”

Fonte: Rai


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