American Horror Story 7×08: Recensione

American Horror Story 7×08: Recensione

American Horror Story: Cult si addentra nella seconda fase della storia, con inaspettati colpi di scena. Ecco la nostra recensione di “Winter of Our Discontent”!

  • Titolo originale – American Horror Story: Cult
  • Paese – Stati Uniti d’America
  • Anno – 2010 (in corso…)
  • Genere – horror
  • Stagioni – 7
  • Episodi – 10
  • Durata – 47 min (episodio)
  • Lingua originale – inglese
  • Cast – Evan Peters, Sarah Paulson

Dopo l’ennesima e inutile parentesi della scorsa settimana, American Horror Story: Cult riprende le fila della storia principale, e visti i pochi episodi che ci separano dalla fine, la scrittura avanza il passo.

Winter of Our Discontent è in un certo senso l’episodio di cui la serie aveva bisogno, ma che inevitabilmente finisce per essere l’ennesimo concentrato di tante situazioni che vengono esplorate con la fretta tipica di Murphy.

Dopo aver raggiunto l’obiettivo delle elezioni comunali, Kai deve confrontarsi con la ribellione delle sue donne, sottomesse a serve del gruppo e rinchiuse in cucina. Se la messa in scena ricorda in un certo The Handsmaid’s Tale, è proprio uno dei personaggi dello show a sottolineare il confront. Come al solito il tutto viene calato in un contesto che si fatica sempre a prendere sul serio, con l’abitazione di Kai e il ristorante di Ivy letteralmente predominati dalla presenza maschile, così da alimentare una critica sociale importante legata al femminismo. Il presunto SCUM manifesto che avrebbe dovuto spingere Ivy e soce a ribellarsi viene prontamente debellato dall’influenza che Kai ha su di loro, la cui folle lucidità viene sempre di più accecata dal potere, tanto da spingerlo a mettere in pratica persino un disgustoso rito d’accoppiamento per creare un nuovo Messia con la sorella Winter.

Nel frattempo Vincent rivela a Ally di essere a conoscenza delle atroci azioni compiute dal fratello per ottenere il consenso della comunità. Tuttavia apprendiamo che Vincent non ha avuto effettivamente dei legami diretti con il gruppo del fratello, rivelandosi in un certo senso colpevole solo in parte. Un buon lavoro di sceneggiatura in questo senso è stato compiuto anche con il personaggio di Sarah Paulson, che giunta a conoscenza del tradimento messo in moto da Vincent decide di ricattare Kai per riavere suo figlio Oz. Ally rivela così le intenzioni di Vincent, il quale verrà brutalmente assassinato dallo stesso fratello con l’obiettivo di “rimarcare il territorio” e liberarsi di ogni legame di sangue inutile alla sua causa. Pur di raggiungere il proprio scopo Ally decide quindi di sporcarsi una volta per tutte le mani alleandosi con la propria nemesi, una svolta francamente inaspettata.

La parte più riuscita dell’episodio si nasconde tuttavia in un flashback dalle tinte molto macabre che prende una virata orrorifica molto simile alla Casa dei 1000 corpi di Rob Zombie. Una piacevole citazione che nasconde però la “scintilla” che ha mutato Kai nell’uomo spietato e accecato dal potere che nell’epilogo dell’episodio ucciderà il sangue del suo sangue.

La poca lucidità di Kai potrebbe portarlo verso il baratro, i suoi discepoli iniziano a guardarlo con occhio critico e malizioso, il suo animo fragile viene ricoperto da uno scudo di falsa rigidità e rabbia sempre più debole. Il controllo sulla situazione potrebbe sfuggirgli di mano da un momento all’altro, e visti i pochi episodi rimasti, non passerà molto tempo prima di scoprire come si evolverà la situazione.



Commento finale

“Winter of Our Discontent” è il secondo episodio cruciale di questa stagione di American Horror Story: Cult. Fa avanzare la trama con risvolti inaspettati, su tutti l’evoluzione di Ally, ma fa anche due passi indietro per riallacciarsi al passato oscuro di Kai e sua sorella Winter. Se il racconto non fosse già complesso di suo, si cerca di esplorare anche il personaggio di Colton Haynes, che si riconferma un semplice orpello decorativo per allungare il brodo di una stagione che diventa sempre più faticosa da seguire.

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