Outcast, Kirkman torna all'horror puro: la nostra recensione

outcast recensione
Patrick Fugit in Outcast
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Patrick Fugit in Outcast

Titoli di testa inquietanti e insinuanti insieme ad un incipit violentissimo e solo per stomaci forti hanno caratterizzato i primissimi minuti del pilot dell’attesissimo Outcast l’ultima opera seriale di Robert Kirkman già autore dell’omonimo fumetto senza dimenticare deus ex machina di The walking dead rendendolo il successo planetario che è. La nuova serie partita in contemporanea mondiale su Fox lunedi 6 giugno si presenta subito cosi: violenta, sanguinaria senza risparmiare nulla allo spettatore neanche i dettagli più truculenti, del resto lo stesso Kirkman l’aveva presentata come una serie horror allo stato puro ma accanto a questo c’è la psicologia: tanta psicologia quella del protagonista Kyle Barnes (Patrick Fugit) cresciuto in mezzo alle possessioni demoniache che lo hanno reso trasandato e depresso ma sono proprio le stesse che lo riportano alla vita.

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Outcast sembra essere una serie horror dove la profondità dei personaggi non è lasciata al caso, le possessioni demoniache sembrano davvero essersi impossessate del mondo e pare che non siano fine a se stesse ma nascondono un retroscena apocalittico che potrebbe essere svelato nelle prossime puntate. Per il resto un senso di estraniamento dalla realtà sembra pervadere l’intera struttura della visione ed è anche nello sguardo perso del protagonista dove l’orrore è quotidiano e si avverte.

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