Questa sera, lunedì 8, e domani sera, martedì 9 Aprile, andrà in onda su RaiUno la nuova fiction “L’ultimo Papa Re“, miniserie televisiva in due puntate con Gigi Proietti che ci fa rivivere la Roma di Pio IX, tra fermenti patriottici e strapotere del clero, tre anni prima della breccia di Porta Pia.
Protagonista assoluto di questa fiction è, appunto, Gigi Proietti nel ruolo del Monsignor Colombo, un cardinale che sovrintende la Polizia Pontificia, ma che è anche uno dei dodici giudici del tribunale supremo della Sacra Consulta (qui la preview della fiction).
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Nel corso di un’intervista a Rai.tv, l’attore Gigi Proietti ha avuto modo di parlare del suo personaggio e del lavoro sul set durante i mesi di riprese:
“Io normalmente quando giro delle cose, dei film, delle fiction, sul set cerco di alleggerire un po’ le tensioni, le cose, dico qualche battuta. In questa occasione non c’è stato il tempo, non solo quello cronologico, ma proprio il tempo mentale, perchè c’è stata una concentrazione incredibile, e questo lo si deve un po’ al tipo di lavoro che stavamo facendo e un po’ anche alla severità di Luca Manfredi, che è un regista severissimo, non cattivo, per carità, è gentilissimo anzi, però non era previsto sul set il ‘cazzeggio’, come si dice normalmente! Però poi ho visto dal risultato che era giusto così, perchè tutto il film, in particolare il mio ruolo, è molto serio diciamo. La fiction però ha anche delle zone fortunatamente di alleggerimento durante la vicenda, che è una vicenda di attentati, di cambiamenti rivoluzionari, di amori abbandonati, di varie vicende popolari insomma, e queste scene di alleggerimento sono dovute alle scene in casa di Monsignor Colombo, che è il ruolo che io interpreto, dove il rapporto è con Serafino, il suo perpetuo, interpretato da un Lino Toffolo in grande forma, bravissimo, dove si ride pure, o quantomeno si sorride insomma. Quella che ne è venuta fuori è un’accoppiata credo vincente, funzionava molto. Ecco, queste sono le zone più leggere, e ce ne sono parecchie di queste scene. C’è un’umanità enorme da parte di questo Serafino, di questo servitore che a volte brontola, tant’è vero che io a un certo punto lo definisco ‘mia suocera’! Il lavoro è stato questo, di grandissima intensità, e vedendo il film dico che abbiamo fatto bene a fare così, quindi credo che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Lo si dice sempre, in questo caso lo dico a ragion veduta perchè io ho visto il film senza aver visto nessun pezzetto mentre giravamo, non avevo mai visto quelli che si chiamano ‘i giornalieri’, quello che uno gira, non mi sono mai guardato insomma, anche per questioni scaramantiche. E allora ho visto il film già montato, con tutte le musiche di Piovani tra le altre cose molto belle, e mi sono reso conto che questa tensione c’è, esiste dentro, quindi speriamo che il pubblico la capti perchè è molto avvincente…”
Continuando a parlare del suo personaggio e del lavoro con il regista Luca Manfredi, l’attore aggiunge:
“Luca Manfredi è stato molto gentile nel dire che io ero l’unico che potesse interpretare questo ruolo, credo che ce ne siano tantissimi in Italia di attori, magari interpretando il ruolo in un’altra maniera. Io l’ho vissuta così, oltretutto sono stato molto aiutato dalla sceneggiatura, dove sono previsti gli stati d’animo, la difficoltà poi stava nel renderli ovviamente, perchè si tratta di un personaggio pieno di sfumature: lui comincia che è un agente di polizia vaticana, per cui è un uomo di grande durezza, e deve indagare su un attentato fatto da giovani rivoluzionari; quando viene a scoprire che tra questi giovani rivoluzionari ce n’è uno in particolare che scopre essere suo figlio, da lì si comincia a chiedere cosa sta succedendo. Probabilmente se non ci fosse stato questo tirante nella storia, diciamo, Monsignor Colombo avrebbe continuato a fare l’agente di polizia come aveva sempre fatto aspettando che arrivasse la breccia di Porta Pia, la fine del potere temporale dei papi. Invece intuisce che il mondo è cambiato, non è che stia cambiando, è già cambiato, intorno alla Roma pontificia. Lui esterna questo suo stato d’animo, lo fa capire, e lo paga, paga perchè tutti coloro che intuiscono anticipatamente i cambiamenti epocali pagano sempre, questo lo dice Shakespeare, non l’ho detto io, per cui mi levo da ogni responsabilità!”
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Infine, parlando del lavoro con gli altri attori di questa fiction, in particolar modo di Lino Toffolo (Serafino) e dei giovani protagonisti, Gigi Proietti ha concluso dicendo:
“Con Toffolo è divertente quello che abbiamo fatto, perchè questi due in casa la sera per esempio cantano all’organo l’Ave Maria, con dei zucchetti da notte, e loro non è che siano dei grandi canterini tutto sommato. Aneddoti particolari non ne posso raccontare perchè come dicevo prima nel film c’è stata molta concentrazione. Io, per esempio, ho guidato un calessino, nel film non si vede la difficoltà! Io una volta da ragazzo per fare un film dissi che io andavo bene a cavallo, per me il cavallo è l’animale più bello del mondo, è meraviglioso, ma è grosso, il cavallo è tanto alto, per cui ne avevo un po’ paura, ma questa diciamo che è una cosa che può non interessare a nessuno! Comunque è stato un lavoro molto concentrato. E la scoperta di questi giovani, condotti benissimo da Manfredi, Domenico Dieli, che è il protagonista giovane della vicenda, e gli altri sono una piacevolissima sorpresa, perchè il film da’ loro molto più spazio di quanto facesse il film originale, tra l’altro dura pure il doppio essendo due puntate. Qui si articola molto la storia d’amore dei giovani, i loro attentati. Poi, ad esempio, Monti e Tonietti, che sono interpretati da due attori nostri, sono personaggi realmente esistiti, sono stati dei rivoluzionari veri, quindi amore e morte insomma, ecco, il massimo del popolare nobile diciamo!”
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