Teleblog intervista Lino Guanciale, attore di “Che Dio ci aiuti” e “Una grande famiglia”: “Guido Corsi è stata per me un’opportunità liberatoria”

Teleblog intervista Lino Guanciale, attore di “Che Dio ci aiuti” e “Una grande famiglia”: “Guido Corsi è stata per me un’opportunità liberatoria”

Teleblog intervista Lino Guanciale attore di Che Dio ci aiuti (Guido Corsi) e Una grande famiglia (Ruggero Benedetti Valentini)_1

Teleblog ha avuto il piacere di intervistare Lino Guanciale, giovane e promettente attore noto al grande pubblico per le numerose produzioni teatrali, televisive e cinematografiche a cui ha preso parte.

Il suo curriculum vanta una ricca carrietra teatrale, alla quale si affiancano alcune produzioni televisive, come le fiction “Il segreto dell’acqua” e “Una grande famiglia“, e cinematografiche, ricordiamo per esempio “To Rome with Love” diretto da Woody Allen.

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Attualmente lo stiamo vedendo nella fiction di RaiUnoChe Dio ci aiuti 2” al fianco di Elena Sofia Ricci. Qui interpreta il ruolo di Guido Corsi, un ex avvocato e tutor nella nuova residenza universitaria del convento, chiamato da Suor Angela affinchè si prenda cura del piccolo Davide (Cesare Kristian Favoino), un bambino che è stato parte in causa nel suo divorzio e che adesso è rimasto orfano.

Lino Guanciale tornerà a vestire i panni di Ruggero Benedetti Valentini, “il figlio dell’impero dei cessi“, nella seconda serie di “Una grande famiglia“, attualmente in fase di riprese.

Dall’11 Aprile, inoltre, sarà al cinema con “Il volto di un’altra” di Pappi Corsicato, mentre dal 9 al 19 Maggio sarà in scena a Modena con “Il ratto d’Europa“, al Teatro Storchi.

Se anche voi avete voglia di conoscerlo meglio, allora non perdetevi la nostra intervista…

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Teleblog: Domanda di rito: Chi è Lino Guanciale? Presentati ai nostri lettori.

Lino Guanciale: Sono un attore di 33 anni, e quello che cerco di fare è essere un artista e un uomo all’altezza dei tempi in cui viviamo… Il che significa che se da un lato cerco di raggiungere col mio lavoro il maggior numero di persone possibile (è soprattutto questo che la televisione e il cinema mi consentono di fare), dall’altro mi impegno affinché gli spettatori trovino in quello che faccio degli spunti di riflessioni utili per leggere meglio la realtà che li circonda (e questo è soprattutto vero per il versante teatrale della mia attività).

Teleblog: Quando eri ragazzo volevi fare il medico, proprio come tuo padre, ma poi ti iscrivi all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma e da lì cambia tutto. Come e quando hai capito di voler intraprendere la strada della recitazione?

Lino Guanciale: L’ho sentito istintivamente molto tempo prima di realizzarlo razionalmente… fin da bambino ero attratto da tutto ciò che fosse legato al cinema o al teatro, solo che questi mondi mi spaventavano terribilmente. Sono stato un adolescente convinto che la recitazione, la scrittura, potessero restare solo delle grandi passioni “collaterali”, credo a causa del fatto che dalle mie parti non avevo molti esempi di persone che lavorassero in questi campi… Poi a 19 anni ho preso un po’di coraggio: mi sono iscritto ad un laboratorio teatrale scolastico per “togliermi almeno lo sfizio” di recitare una volta nella vita… ed è andata come è andata, da allora non ho smesso più. Avrei potuto essere un ottimo medico, con mio padre a farmi da esempio di umanità e professionalità, ma avrei rischiato di portarmi appresso un fardello troppo pesante di rimpianti.

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Teleblog: La tua carriera d’attore inizia a teatro con “Romeo e Giulietta“, diretto da Gigi Proietti, spettacolo che inaugurava il Silvano Toti Globe Theatre di Roma. Che ricordo hai di quell’esperienza?

Lino Guanciale: Ho ricordi meravigliosi! Fu il contesto ideale per iniziare a lavorare ad un certo livello. Gigi era molto paterno con tutti noi, passavamo l’80 per cento delle prove a guardarlo recitare i suoi sketch più famosi, che metteva in scena per noi, per divertirci… Io con Proietti sono cresciuto, a casa mia è adorato da tutti, sapevo a memoria le battute dei suoi cavalli di battaglia: vederlo mentre ce li regalava durante le prove, così, per metterci a nostro agio e avvicinarci come gruppo, fu un’esperienza straordinaria. Non ho parole sufficienti per ringraziarlo di aver reso il mio debutto così… facile!

Teleblog: Da lì, piano piano, la strada è stata in salita: alle esperienze teatrali si affiancano quelle cinematografiche e televisive. Ma dove ti senti davvero più a casa? Sul palco di un teatro o sul set cinematografico e/o televisivo?

Lino Guanciale: Il teatro è come una patria d’elezione. Nulla può competere col contatto diretto con lo spettatore. Il set cinematografico e quello televisivo, però, insegnano molto sul piano delle relazioni con professionalità tecniche diverse, costringono a imparare il rispetto per tutte le persone che lavorano attorno all’allestimento, persone dalle quali dipende moltissimo la riuscita finale del “prodotto”. In teatro tutto è più nelle mani degli attori, col cinema e la tv ho cominciato a comprendere meglio cosa significhino le parole “comunità” e “democrazia”.

Teleblog: Cosa accomuna il teatro, la televisione e il cinema, e cosa, invece, li distingue l’uno dall’altro?

Lino Guanciale: Per gli attori la differenza sta nel tipo di concentrazione e di “calibro espressivo” da usare. Sul set lavori per “farti rubare” delle cose dalla macchina da presa, in teatro non puoi permetterti di far finta che in sala non ci sia nessuno.

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Teleblog: Dal 2005 operi anche come insegnante e divulgatore scientifico-teatrale all’Università e nelle scuole superiori. Cosa ci dici a riguardo? Qual’è la cosa più importante che cerchi di insegnare e trasmettere ai ragazzi?

Lino Guanciale: Agli studenti con i quali lavoro cerco di comunicare come la recitazione non sia solo una tecnica d’intrattenimento, ma una vera e propria forma di conoscenza. Recitare significa raggiungere un profondissimo livello di comprensione dei testi, significa diventare capaci di farsi attraversare dalle parole, significa prendere una posizione su quello che si legge: se non hai un progetto espressivo chiaro sul copione che hai in mano, non riuscirai a tirarne fuori nulla di personale, ovvero nulla di interessante. Se il nostro sistema educativo comprendesse meglio la dignità cognitiva dell’apprendimento attraverso la recitazione, credo che in Italia si comincerebbe a leggere molto di più, e che si potrebbe vincere la battaglia contro la scarsa alfabetizzazione culturale che ci affligge.

Teleblog: Nel 2012 sei uno dei protagonisti della fiction di RaiUno “Una grande famiglia“. Qui interpreti il ruolo di Ruggero Benedetti Valentini, soprannominato “il figlio dell’impero dei cessi” per via del suo lavoro presso un’azienda di sanitari. Ci parli un po’ del tuo personaggio e di quest’esperienza?

Lino Guanciale: Il principe dei cessi è un personaggio divertentissimo! La cosa che mi piace di più è la particolare forma di sicurezza (ironica, paziente) di cui è dotato. Vestirne i panni è un grande piacere, e poi sapere che la gente lo trova allo stesso tempo attraente e simpatico è una grande soddisfazione.

Teleblog: Attualmente è in fase di lavorazione la seconda serie di “Una grande famiglia“. Che evoluzioni subirà il tuo personaggio? Nel finale della prima serie Ruggero è finalmente riuscito a conquistare il cuore di Nicoletta, della quale è innamorato praticamente da sempre…

Lino Guanciale: Speriamo che riesca a “difendere la posizione”… Con Nicoletta non è mai detto niente… Ma d’altra parte Rutger (come lo chiama lei) ne sa una più del diavolo!

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Teleblog: Per una serie di punti in comune, “Una grande famiglia” è stata paragonata alla serie televisiva americana “Brothers & Sisters“, non so se la conosci. Secondo te è giusto che le fiction italiane prendano spunto dalla serialità americana oppure questa scelta può trasformarsi in un’arma a doppio taglio?

Lino Guanciale: La scelta è giustissima: bisogna individuare i modelli migliori traendoli dai mercati più forti, e quello USA è senz’altro il più ricco di mezzi e di spunti, quello con cui cresciamo fin dai nostri esordi di spettatori televisivi. Quello che è difficile, in seconda battuta, è studiare strategie di adeguamento culturale dei format originari al nostro sistema, è lì che possono verificarsi “ottime traduzioni” o clamorose figuracce… Con “Una grande famiglia” mi sembra si sia ben riusciti a coniugare modernità comunicativa e “italianità”.

Teleblog: Attualmente, invece, ti stiamo vedendo nella fiction di RaiUno “Che Dio ci aiuti 2“. Qui interpreti il ruolo di Guido Corsi, ex avvocato e tutor nella nuova residenza universitaria del convento, chiamato da Suor Angela affinchè si prenda cura del piccolo Davide (Cesare Kristian Favoino), un bambino che è stato parte in causa nel suo divorzio e che adesso è rimasto orfano. Ci parli un po’ di quest’esperienza e del tuo personaggio?

Lino Guanciale: Guido Corsi per me è stata un’opportunità liberatoria! Nella vita mi trovo spesso a dover censurare il disappunto che provo di fronte a questa o quella situazione… Il cocktail perfetto di generosità, onestà, ruvidezza e antipatia rappresentato da questo personaggio mi ha molto appagato: dice sempre quello che pensa… tutto quello che pensa! E in più non perde occasione per stare vicino agli altri senza pubblicizzare la propria umanità… Corsi è proprio una bestia rara!

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Teleblog: Fascino a parte, qual’è la cosa che ti accomuna a Guido Corsi? E qual’è la cosa di lui che invece odi di più?

Lino Guanciale: Mi accomuna al personaggio la fede nella razionalità: l’unica strada per cambiare il mondo. Ne sento lontana, invece, la carica fatalista e pessimista… Ma tanto lo vedrete scrollarsela di dosso, piano piano!

Teleblog: Qual’è stato il momento più difficile e il momento più divertente sul set?

Lino Guanciale: Non ho ricordi di momenti particolarmente difficili, solo di fasi molto dure dal punto di vista della fatica imposta dai tempi stretti della lavorazione. Quanto al più divertente… ho perso il conto delle volte che sono scoppiato a ridere col piccolo Kristian e con Francesca (Chillemi): le scene della “proto famiglia” dei nostri tre personaggi erano tutte molto simpatiche, e Francesco Vicario (il regista, a cui devo moltissimo) si è molto goduto la bizzarria del nostro paradossale terzetto: il nanetto, la bella e il cattivo!

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Teleblog: Come ti sei trovato nel lavorare con un cast prettamente femminile (ricordiamo, per esempio, Elena Sofia Ricci, Francesca Chillemi, Miriam Dalmazio, Laura Glavan e Rosa Diletta Rossi)?

Lino Guanciale: Benissimo! Con Elena Sofia, poi, ci conosciamo da molto tempo, da quando frequentavo l’Accademia a Roma: il mio maestro è stato Pino Passalacqua, compagno di una vita della mamma di Elena Sofia e suo patrigno, e con Pino ho avuto un rapporto meraviglioso, praticamente filiale… Condividiamo, insomma, l’affetto per una persona straordinaria, che ora non c’è più e che è stata per entrambi (ovviamente in modi e in forme diverse) un riferimento capitale. Lavorare con lei è stato come tornare a casa, insomma, e forse questo mi ha fatto accogliere benevolmente da tutte le ragazze dell’amabile gineceo del convento!

Teleblog: Ruggero di “Una grande famiglia” e Guido Corsi di “Che Dio ci aiuti 2” sono sicuramente due personaggi completamente diversi. Chi, dei due, senti più vicino a te?

Lino Guanciale: Difficile dirlo… A seconda dei momenti direi l’uno o l’altro: la verità è che forse sono entrambi… Lino!

Teleblog: Questa seconda serie di “Che Dio ci aiuti“, per certi aspetti, rappresenta un prodotto del tutto nuovo rispetto alla precedente stagione. Ai casi polizieschi, infatti, sono subentrati nuovi casi umani e sociali. Tu avevi seguito la prima serie? Cosa è veramente cambiato, secondo te, dalla prima alla seconda stagione?

Lino Guanciale: Dalla prima serie a questa ci sono stati degli aggiustamenti di target e di “registro” decisamente proficui. Regia e cast erano azzeccatissimi anche l’anno scorso, e infatti gli ascolti hanno premiato il lavoro, ma con l’orientamento “sociale” di cui parli, in effetti, si è raggiunto un miglior equilibrio della scrittura.

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Teleblog: Lo scorso 20 Aprile è uscito nelle sale il film “To Rome with Love“, scritto e diretto da Woody Allen, che racconta quattro storie diverse che si sviluppano nello sfondo della capitale italiana. Com’è stato lavorare al fianco di un regista di calibro come Woody Allen?

Lino Guanciale: Mister Allen è un genio, lavorarci e sentirlo dire il mio nome è stata una delle emozioni più forti della mia vita!

Teleblog: Parliamo un po’ di te… il tuo miglior pregio e il tuo peggior difetto.

Lino Guanciale: Il pregio: sono testardo. Il difetto… sono troppo testardo!

Teleblog: Per ben dieci anni hai giocato a rugby e sei stato anche nella nazionale giovanile. Quanto è stato importante per te praticare questo sport? Ti ha aiutato in qualche modo?

Lino Guanciale: Il rugby mi ha insegnato tanto. Se oggi ho una visione della società e dei rapporti umani libera da gerarchizzazioni inutili e vessatorie, se credo fermamente più nel gruppo che nel singolo, lo devo a questo sport assurdo… dove per andare avanti devi passare la palla indietro, essendo così costretto a farti aiutare dagli altri: solo tutti insieme si vince, questa è la regola non scritta… e forse questa è anche, e soprattutto, la  vita!

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Teleblog: C’è un progetto in particolare a cui ti piacerebbe prendere parte o c’è un ruolo in particolare che ti piacerebbe interpretare?

Lino Guanciale: L’ho detto una volta e lo ripeto: voglio interpretare Cattivik! E un giorno troverò un produttore disposto a seguirmi in questo delirante progetto!!! (Ovviamente scherzo… Cattivik è troppo sovrappeso… Meglio Amleto di Shakespeare o “Il principe di Homburg” di Kleist!)

Teleblog: Il mestiere dell’attore ti ha aiutato a scoprire delle cose di te stesso che prima non conoscevi o che non erano emerse fuori del tutto?

Lino Guanciale: Mi ha reso più sereno nei rapporti con gli altri. Oggi non ho più bisogno, come un tempo, di mettermi al centro dell’attenzione: posso godermi il fatto di essere timido! Il palcoscenico mi ha liberato dall’ansia di prestazione sociale.

Teleblog: Hai rimpianti o rimorsi nella tua carriera?

Lino Guanciale: Finora, per fortuna, né gli uni né gli altri! E speriamo vada avanti così!

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Teleblog: Ho letto che sei anche un appassionato di arte contemporanea, soprattutto delle arti visive. Qual’è il valore dell’arte oggi? Pensi che l’arte oggi sia ancora viva come un tempo o che abbia perso il suo smalto strada facendo?

Lino Guanciale: L’arte è vivissima, solo che bisogna saper cercare i contesti giusti per apprezzarla. Purtroppo è diffusissimo un certo pregiudizio “banalizzante” nei confronti dell’arte contemporanea… Pregiudizio che nasce dall’ignoranza e dalla scarsa comprensione delle nuove forme di comunicazione artistica “anti figurativa”. Però ci sono tanti ottimi operatori e molte strutture impegnate nella formazione delle nuove generazioni di fruitori: bisogna avere fiducia in loro, e soprattutto bisognerebbe fornirgli i mezzi necessari per lavorare bene (un po’come accade anche a me e al mio gruppo sul fronte teatrale… Con la cultura si mangia eccome! Non ci saranno mai sufficienti deplorazioni dell’infelice espressione – peraltro non inaspettata, conoscendone i convincimenti ideologici – usata da Tremonti)

Teleblog: Un sogno nel cassetto?

Lino Guanciale: L’Italia vera patria della cultura: un paese giovane, informato, intelligente e capace di mettere a frutto la propria incredibile storia.

Teleblog: Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi prossimi progetti?

Lino Guanciale: Dal 9 al 19 maggio sarò in scena a Modena con “Il ratto d’Europa”, al Teatro Storchi. Si tratta di uno spettacolo scritto insieme alla città (attraverso l’attivazione di decine di laboratori di scrittura e recitazione nei più disparati contesti formativi e culturali, dalle scuole e dalle università fino ai sindacati o alle associazioni di volontariato laico, confessionale e interculturale), per riflettere insieme su che cosa sia l’Europa oggi… Mi pare un tema caldo, che ne dite? Allora vi aspetto in platea!!!

Intervista a cura di Daniela Bella per Teleblog

Fotogallery Lino Guanciale

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