Perché Netflix preferisce che i suoi film non rimangano nei cinema troppo a lungo?

Abbiamo visto crescere il fenomeno Netflix a dismisura negli ultimi anni. 

Chi di noi ormai non ha un abbonamento Netflix? Quasi quasi vieni considerato uno “strano” se non sei abbonato a nessun servizio di streaming e vai solo al cinema. E la cosa assurda è che questo cambiamento epocale è avvenuto in pochissimi anni. Un risultato davvero sorprendente.

Certo, Netflix non è l’unico colosso sul mercato. A breve l’apripista è stato raggiunto da altri competitors di tutto rispetto. Basti pensare a Disney+ o Amazon Prime Video, giusto per citare i più importanti. Ma Netflix non è solo il primo servizio in streaming ad aver scommesso sullo streaming a pagamento: è anche quello con le idee più forti riguardo alla distribuzione dei propri contenuti.

La faida con il festival di Cannes

Ormai è difficile non aver sentito della “querelle” tra Netflix e il festival di Cannes. 

Da alcuni anni, è andata avanti questa guerra fredda fra i due enti, in cui tutti si chiedevano chi avrebbe mollato per primo. Ancora non è chiaro chi cederà alla fine, per ora entrambi sembrano intenzionati a rimanere fermi nelle proprie posizioni. 

Ma perché è cominciata? Qual è stato il casus belli?

Fischi fra il pubblico?

Tutto è cominciato al festival di Cannes 2017. 

Netflix ha presentato in concorso due film, “Okja” di Bong Joon-Ho e “The Mejerowitz Stories” con regia di Noah Baumbach. Entrambi i film non sono stati distribuiti nelle sale ma solo in streaming. E nelle sale del festival, allo spegnersi delle luci, sono partiti i fischi dal pubblico. 

Il festival di Cannes è il più prestigioso festival cinematografico del mondo. E Netflix, alcuni anni fa più che adesso, era il servizio di streaming e produzione più potente al mondo. La scala di grandezza dei due colossi ha sicuramente contribuito alla non risoluzione del conflitto. Per chi volesse approfondire, lascio un articolo su Il Post.

Netflix sta giocando d’azzardo?

Negli anni la politica di Netflix sulla distribuzione non è cambiata. Sembra quasi che il colosso stia scommettendo sul fallimento del sistema cinematografico legato ai cinema, mentre altri, come lo stesso Prime Video, sembrano voler rientrare in quella logica. 

Se la pensate così, forse avete visto troppe volte i migliori film su gioco d’azzardo: e a ben vedere, La Costa Azzurra è una delle mete più importanti per questo tipo di intrattenimento. Centinaia di pellicole sono state girate nelle sale del Casinò di Montecarlo, con la sua piazza costellata di supercar che ormai è entrata nell’immaginazione collettiva. 

Ma tornando alla querelle con Netflix, quello della piattaforma online è un rischio calcolato basato su ragioni economiche importanti, non certo una puntata su un numero secco alla roulette.

Chi ci guadagna?

Netflix guadagna principalmente dal suo servizio di abbonamentio. Tutto quello che fa è visto in prospettiva di questo obiettivo: aumentare il numero di abbonati.

Aggiungiamo a questo quadro, per chiarire le ragioni dei due colossi, che la legge francese sullo streaming era piuttosto severa: un film poteva essere mandato in streaming solo 36 mesi dopo l’uscita nelle sale cinematografiche. 

È naturale per Cannes, che rappresenta gli interessi della filiera del cinema francese, voler proteggere la norma ed evitare l’applicazione di eccezioni, anche per un caso come questo. E dall’altra parte, Netflix ha molto da perdere, troppo, a sottostare alle leggi francesi. Per mandare un film a Cannes dovrebbe farlo girare nelle sale e poi tenerlo fermo per 3 anni, prima di poterlo offrire ai suoi utenti di nazionalità francese.  

È ovvio anche a un profano che questa pratica sia autodistruttiva per un fornitore di servizi streaming che vive anche, e oggi soprattutto, di proprie produzioni. Nel mentre, il governo francese ci ha messo una pezza, portando il periodo da 36 a 15 mesi. Ma basteranno?

La via del compromesso

Pratica comune per il colosso negli ultimi anni è stata quella di permettere la proiezione al cinema delle proprie produzioni, ma solo per pochissimo tempo (si parla di settimane, a volte giorni di programmazione). 

Molti cinema, soprattutto dopo gli ultimi anni, sono disposti al compromesso, vista l’enorme riduzione di incasso che hanno subito nell’ultimo periodo. Se ti interessa capire meglio la situazione dei cinema negli ultimi anni, fai un giro su Tech Radar.

Ma, come vedremo, il compromesso è faticoso e a volte non funziona. 

Il caso Sorrentino

Molto più recente è la polemica legata alla “Mano di Dio” di Paolo Sorrentino, produzione Netflix.

Sembra che il colosso avesse permesso la distribuzione del suo film per tre settimane in 400 cinema italiani. Pochi e per poco tempo, ma meglio di niente.

Solo che, a pochi giorni dall’inizio, pare che Netflix abbia ritirato il film a 150 sale, che hanno dovuto, nonostante accordi presi, cambiare la programmazione nel giro di un paio di giorni.

Le associazioni di categoria hanno alzato la voce indignate, e i portavoce del colosso hanno negato tutto. Da qualunque parte sia la verità, una cosa è certa: Netflix non sembra amare le sale cinematografiche.

Blogger professionista e da sempre appassionato esperto di telecomunicazioni, serie tv e soap opera. Giuseppe Ino è redattore freelance per diversi siti web verticali. Ha fondato teleblog.it, tivoo.it, mondotelefono.it, maglifestyle.it Ha collaborato tra gli altri anche con UpGo.news nella creazione di post e analisi. Collabora con la web radio Radiostonata.com nel programma quotidiano #AscoltiTv in diretta da lunedi a venerdi dalle 10 alle 11.

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