La recensione di Febbre da cavallo, film tipico della commedia italiana

Febbre da cavallo recensione

Un film che parla di tre amici, che fanno tre lavori particolarmente strani e curiosi, hanno un vizio vero e proprio, ovvero quello legato alle corse dei cavalli. Il problema è che perdono in maniera sistematica e, per questo motivo, devono inventarsi ogni volta strategie e stratagemmi per poter pagare i debiti che hanno accumulato nel corso del tempo.

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Un simbolo della commedia italiana

I tre amici sono Pomata, disoccupato e piuttosto sfaccendato, Felice, un guardiamacchine, Mandrake, che fa l’indossatore; decidono di provare a cambiare la propria vita dedicandosi in toto alle scommesse sui cavalli. L’unico “piccolo” problema è che puntano solo ed esclusivamente su dei brocchi che continuano a perdere in modo costante.

In effetti, l’universo dell’ippica non è un altro che un appropriato sfondo per una delle più tipiche e rappresentative commedie all’italiana, frutto del gran lavoro di Gigi Proietti e altri attori di buona fama. Tutto nasce anche dall’ingegno del regista Steno, insieme ad Alfredo Giannetti. Correva l’anno 2002, invece, quando è uscita la seconda versione del film, denominata “Febbre da cavallo 2 – La mandrakata”.

Il film venne lanciato nella seconda parte degli anni Settanta: nonostante con il passare del tempo sia diventato un vero e proprio simbolo della commedia italiana tanto da ispirare addirittura un drink (La Mandrakata, come racconta Lifestyleblog.it), all’epoca, nel periodo dell’uscita, sembrava un po’ un ago in un pagliaio, viste le tantissime commedie che venivano proposte a quei tempi.

Febbre da cavallo, però, ha dalla sua parte un cast decisamente brillante, oltre che un linguaggio universale: con il passare del tempo, grazie a una serie di passaggi in televisione in modo particolare sulle emittenti più piccole, questa pellicola diventa un vero e proprio cult. Un successo che si può spiegare perfettamente con il fatto che, poco tempo fa, una riprogrammazione di Febbre da cavallo ha fatto registrare il tutto esaurito.

Nel film è chiaro il ruolo che viene dato alla truffa, ma anche alla corsa truccata che, a distanza di anni, si può definire assolutamente geniale. In “Febbre da cavallo”, il ritmo è veramente impressionante, in cui è chiaro come la dipendenza dal gioco viene vista anche in modo canzonato, con un inganno che è continuamente presente in tutte le scene.

La trama

I tre amici, che non hanno inizialmente un lavoro, finiscono per trascorrere tantissimo tempo negli ippodromi. Un terzetto che studia ogni giorno diverse soluzioni per capire come dare una svolta alla propria vita e smettere di essere tormentati dai problemi economici.

Ad un certo punto, le scommesse sui cavalli parevano l’unica speranza a cui appigliarsi per poter mettere le mani su tantissimi soldi. Per un disguido, i tre piazzano una puntata su tre brocchi al posto che la terna dei favoriti, ma devono recitare una parte con Gabriella che, convinta di aver affidato a loro la scommessa giusta, inizia a ristrutturare il proprio bar.

Così, ai tre viene in mente un’idea che pare perfetta per rimettere a posto le cose, ovvero truccare una corsa. Eppure, anche questa volta è Mandrake a far andare le cose nel modo sbagliato. I tre finiranno dritti dritti in tribunale, ma la loro fortuna sarà rappresentata dal fatto che ci sarà un giudice particolare che dovrà decidere del loro destino. Infatti, la figura togata che si troverà di fronte il terzetto di amici ha una particolare predilezione per le scommesse e, in tal senso, potrebbe comprendere i tre e rendere la sentenza più mite. 

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