American Horror Story 7×11: Recensione

American Horror Story 7×11: Recensione

American Horror Story: Cult ci insegna che il male non può essere estirpato. Ecco la nostra recensione di “Great Again”

  • Titolo originaleAmerican Horror Story: Cult
  • Paese – Stati Uniti d’America
  • Anno – 2010 (in corso…)
  • Genere – horror
  • Stagioni – 7
  • Episodi – 10
  • Durata – 47 min (episodio)
  • Lingua originale – inglese
  • Cast – Evan Peters, Sarah Paulson

E’ finita. Kai ha perso tutto, le donne hanno vinto, Ally ha vinto. Ciò che rimane di lui è solo il marcio di una società che in galera trova il suo posto ideale per tasformarsi nell’ennesimo santone.

L’uomo che puntava alla presidenza della Casa Bianca, maniaco del controllo, alla fine è stato sconfitto proprio nel momento in cui ha cominciato a vacillare mostrando il fianco a tutti. Kai non è nessuno, è solo l’ennesimo elemento fagocitato dal sistema e successivamente rigurcitato per dare agli Stati Uniti una nemesi che si disperderà nei libri di storia come altri prima di lui.

“Great Again” è sostanzialmente la chiusura di un cerchio ideale, ma in realtà è solo la fine di un ciclo di spargimenti di sangue che idealmente ripartiranno poco dopo. Kai era il seme di un male che si reincarna nei secoli, non puoi estiparlo, e se pensi di esserci riuscito, questo tornerà più forte di prima. Chi sarà quindi il prossimo? Ally ovviamente!

Quella donna spaventata che ci ha accompagnati per quasi tutta la stagione con le sue isteriche urla, da qualche episodio a questa parte ha deciso di assumere il ruolo della vendicatrice. Decisa a tutto, riesce finalmente a debellare la setta di Kay distruggendola essenzialmente dall’interno, per poi avvertire l’FBI.

L’impero dei sogni che bravama Kai crolla come un castello di carte, i ruoli quindi si invertono definitamente proprio come gli episodi precedenti avevano ben suggerito. L’esito è dei più prevedibili quindi, ma se il finale funziona è perchè la serie riprende in modo egregio le sue dinamiche di critica politica nei confronti dell’attuale presidenza degli Stati Uniti.

Mentre Kai marcisce in carcere creandosi di nuovo un seguito, Ally sfrutta la sua personalità e gli eventi di cui è stata vittima per candidarsi a senatrice. La sua vittoria politica giunge proprio nel suo confronto finale con Kai che, evaso da galera, vuole a tutti i costi vendicarsi della donna in pubblica piazza.

Sfortunatamente per lui le cose non vanno per il verso giusto, e si scopre che Ally aveva architettato tutto fin dall’inizio proprio per ottenere un dibattito pubblico davanti alle telecamere, così da ammaliare gli americani e ottenere finalmente la vittoria alle candidature come senatrice. Non esiste più un bilancio tra bene e male, le due cose si mescolano ed Ally diventa così una nuova mela marcia che ha saputo sfruttare il sistema di cui è stata vittima per ottenere un ruolo rivelante nella politica. Ally è un nuovo Kai, così come lui era un nuovo Manson. E’ un ciclo senza fine.



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