American Horror Story: Cult, a un passo dal finale, decide di “giocare” con la figura di Charles Manson.
Ecco la nostra recensione di “Charles (Manson) in Charge”!
- Titolo originale – American Horror Story: Cult
- Paese – Stati Uniti d’America
- Anno – 2010 (in corso…)
- Genere – horror
- Stagioni – 7
- Episodi – 10
- Durata – 47 min (episodio)
- Lingua originale – inglese
- Cast – Evan Peters, Sarah Paulson
Alla vigilia di un season finale molto atteso, American Horror Story: Cult decide di varcare le porte della follia con “Charles (Manson) in Charge”.
Se ne potrebbero dire davvero tanto di questo episodio, forse l’esponente più rivelante di una stagione costruita su momenti memorabili e altri ai limiti dell’inverosimile che vogliono semplicemente imbastire un discorso di critica politica. Cult ha sempre avuto una posizione chiara, e quest’anno il concetto di horror per Murphy non è altro che uno strumento per raccontare altro. E’ una stagione pretenziosa nel quale emerge la voglia di criticare la presidenza degli Stati Uniti, esasperando le personalità dei suoi protagonisti e tradendo delle regole di scrittura molto semplici: non esiste una vera evoluzione, i ruoli dei personaggi mutano in base alle dinamiche di una storia che ama disperdersi inutilmente, in cerca di uno scopo.
L’episodio in termini narrativi è un lungo percorso a senso unico dove tutti gli altri personaggi della storia finiscono sempre in secondo piano, rendendo Kai protagonista e spettatore della sua follia. Le sue manie di controllo lasciano il fianco a delle debolezze sempre più evidenti agli occhi dei suoi sottoposti. Vive con la consapevolezza che qualcuno voglia tradirlo, e pur di mantenere intatto il suo ruolo d leader decide di uccidere la sua stessa sorella. Un personaggio, quello di Winter, che esce quindi di scena in modo efficace, rivelandosi però solo l’ennesimo ingranaggio di una sceneggiatura che punta a mostrare l’evoluzione (o la devoluzione)di Kai.
Tutti i ruoli dei personaggi in questa stagione dipendono da Kai, sono dei pupazzi legati a doppio filo con la scrittura del suo protagonista, e di conseguenza ogni loro possibile evoluzione viene spazzata via. L’unica eccezione ovviamente è Ally, ma anche qui non possiamo definirlo uno sviluppo adeguato, quanto più una repentina trasformazione dettata dall’esigenza di creare una nemesi per Kai. Ed è quindi così che da donna spaventata, la ritroviamo nel giro di due episodi nei panni di una manipolatrice decisa a distruggere dall’interno il gruppo di Kai.
Nell’ottica di una narrazione, di una storia, purtroppo tutto ciò finisce per essere poco credibile agli occhi dello spettatore. Anche il discorso della critica sociale funziona si, ma alterna momenti seriosi ad altri francamente troppo sopra le righe per essere presi veramente sul serio.
Commento finale
Un solo episodio ci separa dalla conclusione di una stagione ambigua, che non ha saputo gestire i propri personaggi. “Charles (Manson) in Charge” non è propriamente un riempitivo, riesce anche a regalare qualche momento bello carico di tensione (il confronto finale tra Kai e Winter), ma esattamente come tutti gli altri episodi precedenti fatica a costruire uno schema logico nelle azioni dei vari personaggi. American Horror Story: Cult è l’esasperazione dei confronti politici e sociali, potrà anche aprire gli occhi ad alcuni spettatori, ma dov’è tutto il resto? Mancano le fondamente di una storia capace di essere coerente con sé stessa e i suoi personaggi.