The walking dead, i cattivi siamo noi!

The walking dead

Mi trovo spesso a discutere con tanti appassionati di serie tv su gruppi facebook e sotto i post delle fanpage ma soprattutto amo leggere le varie opinioni dei “delusi ma sempre assidui” spettatori. Una serie che attira particolarmente questa seconda categoria è “The walking dead”.

Molti commentatori si lamentano della presunta stanchezza delle ultime stagioni, la lentezza, la scarsità di mattanze umane o di zombie.

Innanzitutto le mattanze ci sono ancora e sono piuttosto copiose ma è la percezione dello spettatore che è cambiata. Ricordate come ci sembrava truculenta la prima stagione? Restavamo attoniti e sbigottiti di fronte non solo all’atto stesso di spaccare crani, ma anche al concetto che ancora non ci era familiare di decapitare un essere totalmente disumanizzato. Per diverse stagioni ci siamo chiesti se lo zombie fosse ancora guaribile, recuperabile, se ci fosse una cura, dunque ogni volta che una mandria veniva sterminata, restava un po’ l’idea che si stesse compiendo una strage di malati.

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Ora abbiamo le idee più chiare, sappiamo che lo zombie è realmente un corpo umano che si muove spinto dall’atavica ricerca di nutrimento ma pilotata da uno sparuto numero di cellule cerebrali senza coscienza, senza il minimo ricordo di tutto ciò che qualifica una persona.

Adesso che percepiamo lo zombie come una “cosa” che aggredisce l’uomo, le scene di sterminio non generano più lo stesso pathos e quel senso di partecipazione che ci faceva sobbalzare all’inizio.

The walking dead

Detto ciò, “The walking dead” resta una grande serie perché sviluppa un’idea vincente: ci racconta come gli autori immaginano un’ipotetica riorganizzazione della razza umana a seguito di una catastrofe che ha cancellato ogni traccia della precedente civiltà. Se sostituite “zombie” con: conflitto mondiale, bomba atomica, virus letale senza cura, scoprirete che questa eventualità non è poi così remota. E dunque, in questa serie seguiamo le ipotetiche e realistiche reazioni di sopravvissuti a un disastro che non solo ha ucciso la maggior parte degli esseri umani ma ha anche smantellato ogni struttura politica, sociale ed economica. Tutto questo andrà ricostruito. Come? Ogni raggruppamento umano è diffidente verso gli altri, come stati nemici durante un conflitto o una guerra fredda. Si potrebbe pensare semplicisticamente che sarebbe più facile sopravvivere e ricostruire il mondo se gli uomini rimasti in vita si unissero tutti e si aiutassero a vicenda, ma l’essere umano non cambia: la paura dell’altro, di chi non fa parte del nostro clan guida le nostre azioni, inoltre le alleanze possono cambiare in un momento e ti trovi a dover affrontare un duello all’ultimo sangue con chi avevi sempre considerato parte della “famiglia”.

Tutto questo non vi risulta familiare?

Alessandra M.Segneri

www.radiostonata.com

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