Sanremo 2014: recensione serata finale

festival_di_sanremo_2014_quinta_ed_ultima_serata_22_febbraio_38Noi l’avevamo scritto già dopo la terza serata (leggi qui): Arisa vincitrice del 64° Festival di Sanremo con Controvento. E ieri, a tardissima notte, è arrivata la conferma. “Io non mi scompongo” sono state le prime parole della trionfatrice quasi cercando di nascondere l’emozione. Applausi contenuti, un mazzo di fiori, niente coriandoli né paillettes sul palco: un’elezione sottotono chiude la lunghissima finale di questa edizione del Festival. Sul podio, oltre ad Arisa, Renzo Rubino e Raphael Gualazzi. Escluso a sorpresa il veterano superfavorito Francesco Renga.

Qui sta il paradosso: in un Festival criticato per avere inseguito troppo l’effetto nostalgico, a vincere sono stati tre ragazzi che fino a pochi anni fa erano ancora tra le Nuove Proposte. Quasi a voler dire: via il vecchio, largo ai giovani. Non giovani qualunque, ma giovani pieni di talento e passione per la musica. Una passione che traspare appena la telecamera inquadra le loro dita sul pianoforte, nel caso di Gualazzi e Rubino, o nello sguardo attento, concentrato di Arisa che mantiene anche cantando subito dopo la vittoria, quando le sarebbe concesso di lasciarsi andare un po’ di più. Perché la musica viene prima di tutto.

È la bellezza della gioventù, tanto per citare il filo conduttore di questo Festival. Una bellezza che non si può non notare nella performance ubriaca di Stromae, il cantante belga protagonista di una delle esibizioni più potenti sul piano artistico che ci ha regalato Sanremo 2014.  Talmente potente che probabilmente non tutti sono riusciti ad apprezzare, perché in Italia non siamo ancora abituati a questo tipo di performance, ma è proprio questa la sua forza. Grazie dunque a Fabio Fazio e al suo team per avercelo fatto conoscere, com’è successo per altri superospiti internazionali nelle serate precedenti.

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Gioventù dicevamo: la bellezza della gioventù in questo Festival retrò è venuta fuori anche nel monologo di Maurizio Crozza. “Noi non abbiamo la Fiat del nonno” ha risposto il comico alle dichiarazioni di John Elkann di pochi giorni fa in cui sosteneva che i giovani italiani devono darsi da fare. E poi loro, la gioventù di Sanremo 2014, le 8 Nuove Proposte. Peccato anche ieri sera averli riascoltati quasi a mezzanotte e trenta: speriamo che ci pensino le radio a dare loro la possibilità di farsi sentire.

I giovani quindi sono stati i protagonisti della finale del Festival: non solo quelli sul palco ma anche quelli a casa. Perché ci sono moltissimi giovani tra i fan di Ligabue. Il rocker di Correggio è tornato all’Ariston e con la sua musica lo ha letteralmente travolto. Prima emozionando con riarrangiamenti delle sue più belle canzoni, da Certe Notti a Il Giorno di dolore che uno ha. Poi  facendo ballare anche le poltroncine della sala con Il Sale della Terra. Ma Ligabue è riuscito in un’impresa ben più ardua: far scomporre Fabio Fazio a tal punto che il conduttore, col fiatone per aver ballato come un pazzo, gli ha confessato: “Sei la mia rockstar preferita”.

Energia pura che ha rinvigorito la finale del Festival. Una finale in cui tutto è filato più o meno liscio. Anche Fazio e Luciana Littizzetto sembravano più rilassati, forse felici che questa settimana, per entrambi difficile e faticosa, si stava avvicinando alla fine. Non sono mancati i siparietti nostalgici, come quello di Claudia Cardinale, e le marchette promozionali (leggasi Don Matteo), punti deboli di questa edizione. Ma il Festival, si sa, a parole è  tempio della musica, a fatti invece vetrina di personaggi e prodotti Rai.

Più in generale questa edizione ha sofferto di una difficoltosa puntata d’apertura. E si sa, la prima serata è più importante dell’ultima, perché è lì che il pubblico, curioso, guarda e giudica se vale la pena continuare a seguire il Festival oppure no. E, come ha riconosciuto Fazio, è mancato l’effetto sorpresa, la novità che tanto incuriosisce il pubblico e lo spinge a guardarlo. Le canzoni poi non sono state così eccelse. La formula è rimasta ferma a un anno fa, lo stesso vale per la narrazione. E il risultato è stata un’edizione su cui è pesato il rischio continuo della noia.

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Noi concludiamo il nostro racconto allo stesso modo con cui l’abbiamo iniziato martedì, con un proverbio: quel che fatto, è fatto. E ora bisogna guardare avanti, al Sanremo 2015, facendo tesoro degli errori di questo Festival, ma anche dei benefici che la gestione Fazio è riuscita a portare a quello che resta, sempre e comunque, un grande evento.

Giulio Oliani

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